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Cosa può fare DAVVERO la Moda per l’Ucraina: tra Guerra e Fashion
Moda e Ucraina: la guerra scoppiata durante la Fashion Week
La situazione in Ucraina, dopo l’inizio del conflitto, è ancora molto tesa.
E il mondo della moda non può restare a guardare.
La guerra in Ucraina è scoppiata proprio nel bel mezzo della Milano Fashion Week, e se in quelle prime ore tutti eravamo attoniti e turbati, nei giorni dopo si è presa sempre più consapevolezza di ciò che stava realmente accadendo.
Alcuni brand, come Act n.1 (di cui siamo stati alla sfilata) e Armani, hanno preso posizione.
Il primo brand subito dopo lo show facendo notare che i colori di alcuni abiti erano erano un omaggio all’Ucraina.
Il secondo sfilando senza musica e lasciando rimbombare nell’aria l’eco degli scatti delle macchine fotografiche, che richiamavano il rumore dei fucili in guerra.
Andrea Battila ha sottolineato:
“Posto che fare un atto simbolico come una sfilata senza musica è assolutamente efficace e forse anche giusto, se riduciamo la complessità dell’argomento a un unico atto vuol dire che non stiamo capendo molte cose.”
Il suo intento è quello di evidenziare quanto la moda abbia non poche difficoltà a prendere posizione in certe questioni.
Le difficoltà della moda nei confronti della Russia
Se è vero che ad oggi molti marchi si sono schierati apertamente contro le azioni di Putin, è altrettanto vero che le difficoltà per gli attori della moda nel prendere posizione sono sotto gli occhi di tutti.
La Russia, soprattuto per i grandi brand, rappresenta un mercato fondamentale.
“La questione per quanto riguarda la moda ma forse per il commercio in genere è che ogni presa di posizione politica porta a una polarizzazione dell’audience, molti saranno d’accordo e altri no, e come conseguenza ad una probabile perdita di quote di mercato.”
Sostiene sempre Andrea Battila.
Ed è una verità ineluttabile.
Balenciaga e la presa di posizione
In queste ore si parla molto della sfilata di Balenciaga, andata in scena durante la Paris Fashion Week.
I giorni trascorsi dall’inizio della guerra hanno permesso di maturare una consapevolezza differente. Più profonda, più lampante.
Così Demna Gvasalia, direttore creativo della maison, dà vita ad una sfilata che è al contempo installazione artistica, presa di posizione, voglia di rivalsa.
In una sola parola Balenciaga si schiera.
Lo fa con un alto spessore culturale.
I modelli sfilano tra la nebbia la e neve.
Il passo è incerto.
Il tentativo di non cadere rende la camminata insicura.
Come quella dei profughi che scappano dalla guerra.
Balenciaga porta sotto gli occhi di tutti una metafora che coinvolge la moda, in equilibrio forzato.
La sfilata di Balenciaga è la rappresentazione del Fashion System che non sa come muoversi in questa situazione. È il ritratto metaforico dell’Ucraina che resiste ma non cede.
Ed il pubblico, che si è ritrovato t-shirt gialle e blu nei posti a sedere, impersonifica tutti noi, chiamati a patteggiare per una nazione che viene distrutta dalla cecità dei potenti.
Demna Gvasalia, derittore creativo della maison, recita un poesia del 1917 in ucraino. A fine sfilata dichiara:
“The war in Ukraine has triggered the pain of a past trauma. I have carried in me since 1993, when the same thing happened in my home country and I became a forever refugee. Forever, because that’s something that stays in you. The fear, the desperation, the realization that no one wants you. But I also realize what really matters in life, the most important things, like life itself and human love and compassion.”
Una guerra che ha a che fare con tutti noi
Questa è una guerra che sentiamo più vicina e più forte, per mille motivazioni che non sono né giuste né sbagliate ma semplicemente oggettive.
Il Fashion System si trova in bilico tra il prendere posizione e il non farlo. Paradossalmente sono i brand i nicchia, come il sopra citato Act n. 1, che possono permettersi maggiormente di schierarsi. Perché di fatto prendere posizione significa rischiare, giocarsi una parte di mercato.
Ma anche i grandi brand, e Balenciaga ne è un esempio, non possono ignorare la situazione.
La Fashion Week è diventata un atto politico.
In altri settori grandi marchi hanno già lasciato la Russia, come ad esempio: DHL, Spotify, Amazon, Netflix, Ikea, McDonald’s e Coca Cola.
Come evolveranno le cose? La nostra speranza è che la guerra possa terminare il prima possibile.