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LA FOTOGRAFIA OLTRE INSTAGRAM

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LA FOTOGRAFIA OLTRE INSTAGRAM
INTERVISTA AD EMANUELE DI MARE

Emanuele di Mare è un giovane fotografo di origine campana, che è cresciuto in Emilia Romagna (nei pressi di Reggio Emilia) e che si è trasferito a Milano.

Ha un canale YouTube e vanta più di 20 000 followers su Instagram.

Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo e fare due chiacchiere con lui, ecco cosa ci siamo detti:

Ciao Emanuele, come stai?

Direi bene… la situazione qui in Lombardia per il Covid-19 è assurda, ma non ci resta che prenderne atto e fare del nostro meglio.

Cosa ti ha portato a spostarti da una città piccola come Reggio Emilia ad una grande realtà come Milano?

Principalmente gli studi. Ho fatto il master a Milano ed ora sono qui a lavorare, nell’ambito ingegneristico.

Come riesci a coniugare ingegneria e fotografia? Sono due ambiti totalmente differenti…

Hai perfettamente ragione. Le due cose le tengo ben separate l’una dall’altra, perché sono talmente distanti che è quasi difficile trovare un punto d’incontro. L’ambito ingegneristico è prettamente logico-razionale, ma la fotografia è più creativa ed emotiva. Alla fine credo che siano due facce della stessa medaglia. E poi se devo essere sincero credo ci sia anche quella piccola scintilla nerd dentro ad ogni ingegnere che lo attira verso il mondo della fotografia. Scoprire gli ultimi modelli fotografici, le loro caratteristiche, le loro potenzialità, come sono stati progettati, come funzionano…

Cambiamo argomento: sei consapevole dell’influenza che eserciti sulle altre persone? Oggi, se un giovane aspirante fotografo vuole imparare qualcosa in più, cerca su YouTube e trova i tuoi tutorial e il tuo canale. Quindi è praticamente impossibile che una persona con la passione della fotografia non ti conosca o non ti abbia sentito nominare almeno una volta. Che effetto ti fa?

Ho iniziato da poco a fare video su YouTube, circa un paio di anni. Ho avuto la fortuna di essere conosciuto già prima sulla piattaforma Instagram, grazie a collaborazioni con altri creators, attrici e modelle affermate.

Ma i primi tempi la mia era quasi un’ossessione maniacale. Ogni giorno pubblicavo una foto. Ogni santo giorno esclusi il sabato e la domenica e i festivi.

Una mole di lavoro incredibile…

Era un po’ più facile all’epoca perché mi occupavo solo di street photography e paesaggi. Ed è ovviamente più semplice tirare fuori dieci fotografie buone street piuttosto che di ritratto. Ora, che sono Milano, è molto più facile impegnare tempo ed energie per la fotografia di ritratto. Ci sono molte più modelle ed è molto più semplice organizzarsi. In una città piccola come Reggio Emilia è tutto più distante e tutto più complicato.

Come sei passato dalla street photrgaphy al ritratto?

In realtà non sono passato da una cosa all’altra, ma ho iniziato ad occuparmi di entrambe. Il mio viaggio a Londra mi ha permesso di approcciarmi in modo sistematico alla street photography, e nel frattempo ho conosciuto altri fotografi come Nelb Rodrigues e Guido Bomparola. Loro si occupavano di ritratti, uscivamo insieme, io li guardavo mentre scattavano. Insieme a loro ho provato anche io. Ho iniziato per gioco.

Settimio Benedusi e Oliviero Toscani sostengono che la street photography non sia altro che fotografare gente che passeggia in bianco e nero in giro per le città. Tu cosa risponderesti a loro?

Che sono d’accordissimo. Nell’immaginario comune la street viene definita così: la foto della vecchietta, la foto del bambino che passeggia per strada. Viene tutto banalizzato utilizzando anche il bianco e nero. Non ho nulla contro la fotografia in bianco e nero, ma in quel contesto viene adoperato per rendere tutto più drammatico. Ma quando la street è fatta con cognizione di causa, con un intento preciso, allora cambia tutto. Il mio intento, ad esempio, è quello di creare un’immagine bella, senza volermi nascondere dietro chissà quale filosofia. Credo inoltre che grazie ai social la street si sia evoluta, diventando urban. È una fotografia che gioca con la città, con le sue geometrie, con le persone che la abitano.

Come definiresti la tua fotografia?

La mia fotografia punta alla ricerca del bello. Non mi interessa il grande messaggio filosofico, come ho detto precedentemente. Non perché lo ritenga inutile, ma perché non è nelle mie corde. Serve empatia, questo è ovvio. Quando fotografi una ragazza fotografi ciò che create tra di voi. Ma è tutto molto più semplice di quel che sembra: le ragazze con cui fotografo sono belle a prescindere, io propongo loro delle pose su sfondo bianco, e il gioco è fatto. Il mio compito si ferma qui, nel ritrarre la bellezza delle modelle con cui collaboro.

Ritieni che la tua fotografia possa essere didattica?

Non saprei darti una risposta. So che a me la fotografia ha dato tanto. Ho imparato ad osservare, ad attendere, a creare. Ad avere cura dei dettagli. Ritengo che questo valga più di qualsiasi competenza tecnica, perché me le porterò con me per sempre, nella vita di tutti i giorni. E poi ho appreso cosa significa essere pazienti, perseverare. Sono competenze umane che vanno oltre qualsiasi nozione tecnica che ognuno può apprendere.

Hai avuto la possibilità di scattare con modelle e attrici che hanno già scattato con altri fotografi affermati. Magari più famosi e più noti al grande pubblico. Non hai mai avuto il timore che ti potessero giudicare e metterti a paragone con i grandi fotografi con cui avevano già scattato?

Non mi sono mai fatto questi grandi problemi. Se mi contattano loro per scattare significa che apprezzano il mio lavoro. Se le contatto io, quando ci troviamo sul set, un paio di domande sui grandi fotografi con cui hanno scattato gliele pongo. Sono curioso e mi piace comprendere come si atteggiano gli altri del mestiere, scoprire anche cosa posso imparare dalla loro esperienza. Si trovano un sacco di cose. Alcuni sono molto timidi, altri entrano in una sorta di trans creativa. Cose che non ti aspetteresti da personalità così famose e affermate.

Tu hai grande seguito sui social, ma la domanda sorge spontanea. Instagram, come altre piattaforme, non rischiano di banalizzare e standardizzare la fotografia?

Dovremmo innanzitutto renderci conto che il web fa parte della vita quotidiana di tutti. Una volta c’erano le biblioteche, ora c’è internet. Ed è normale che le persone si informino e si formino sulle piattaforme che lo rendono possibile. Ma è vero che la fotografia oggi, grazie ai social, è accessibile a tutti. Questo, inevitabilmente, banalizza le cose. Non si può negare. E così si crea quel circolo di foto tutte uguali. Io sono dell’idea che ognuno debba scegliere come informarsi, chi seguire nei propri canali social, escludere magari le cose che hanno grande seguito ma sono molto banali. Crearsi la propria bolla creativa. Seguire ciò che ti fa sentire vivo e pieno di ispirazione

Grazie mille Emanuele per questa lunga chiacchierata, non ci resta che augurarti buona fortuna e una carriera piena di soddisfazioni

Buona fortuna anche a voi!

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