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UN NUOVO MODO DI FARE MODA?

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UN NUOVO MODO DI FARE MODA?
7 COSE CHE SONO CAMBIATE NELLA MODA

Il lockdown per il Covid-19 è in fase due e anche i negozi di abbigliamento hanno riaperto le porte ai consumatori, che timidi e un po’ impacciati entrano negli store compiendo i primi acquisti dopo la quarantena nazionale.

Ma molte cose sono cambiate in questi mesi, proviamo a stilare un elenco.

Sette cose che sono cambiate nel mondo della moda durante il lockdown:

  1. Fashion Week

Il primo caso di Coronavirus in Italia, che è scoppiato in Lombardia, è arrivato proprio nel bel mezzo della settimana della moda milanese.

Per la prima volta, Giorgio Armani , sfila a porte chiuse e l’evento è visibile solo in streaming.

Questo segna un passaggio importante per la moda dei mesi a venire, che vedrà il compimento della prossima Milano Fashion Week proprio in piattaforme streaming e digitali, con servizi aggiuntivi come webinar, backstage e lezioni dedicate agli addetti del settore.

  1. Conversione di produzione

I grandi marchi e non solo hanno captato fin da subito la necessità di convertire la propria produzione dal settore dell’abbigliamento a quello delle mascherine, dei camici per dottori e infermieri, e del gel igienizzante. Il più grande colosso di tutti i tempi, il gruppo LMHV , che possiede varie maison della moda come Dior, Bulgari, Fendi, Kenzo, Louis Vuitton, Tiffany e altre, ha dedicato proprio le prime settimane a questo scopo.

“Di fronte al rischio di carenza di gel osservata in Francia, Bernard Arnault ha chiesto alle filiali di profumi e cosmetici di LVMH di mobilitare le sue capacità produttive per produrre e offrire alle autorità pubbliche quantità significative di gel idroalcolico” 

  1. Donazioni, e ancora donazioni

Occorre dirlo: nella disgrazia ci siamo uniti di più e molti hanno raccolto e fatto donazioni, anche nel mondo della moda.

Armani ha donato più di un milione e mezzo di euro per ospedali e protezione civili; Renzo Rosso, CEO di Diesel, si è occupato personalmente della fornitura di materiale per gli ospedali donato dalla sua azienda; il cantante Federico Leonardo Lucia, in arte Fedez, e la moglie Chiara Ferragni, influencer e imprenditrice digitale, hanno raccolto assieme più di quattro milioni di euro donati al San Raffaele di Milano, grazie ai quali è stato costruito un nuovo reparto di terapia intensiva.

È giusto sottolineare che molti cittadini hanno contribuito, secondo le loro possibilità, a donazioni di questo tipo.

  1. Smartworking

Lo smartworking (il lavoro da casa) ha accompagnato la fase lavorativa di molti italiani in questo periodo, soprattutto negli ambiti più creativi e dove la gestione delle attività era possibile anche da remoto.

Molte agenzie e aziende hanno rinunciato al lavoro in loco per preferire modalità fruibili da casa, ammortizzando così i costi dei locali e potendoli investire quindi in altri settori come advertising, crescita sociale e pubblicità digitali.

  1. Sviluppo e-commerce

Costretti a casa molti italiani hanno riscoperto il mondo del web e le differenti piattaforme digitali. Non solo sono aumentati gli iscritti a siti streaming come Netflix e Twitch, ma sono aumentati drasticamente gli acquisti online.

Come riporta Forbes il 75% degli acquisti online dell’ultimo mese proviene da persone che non avevano mai acquistato online precedentemente. Questo è un grande segnale che sta ad indicare come il momento di crisi globale abbia contribuito ad accelerare notevolmente il cambio di abitudini degli acquirenti. Presumibilmente, una volta terminato il lockdown, gran parte delle persone che hanno potuto scoprire i servizi di e-commerce farà un po’ più fatica a tornare nei negozi fisici per acquistare cose che può comodamente trovare online.

  1. Comunicazione umanizzata

Oltre all’e-commerce, si è sviluppato anche grande interesse per le piattaforme social: non solo più gli influncer, ma anche le persone comuni hanno dedicato tempo alla comunicazione web, attraverso dirette e contenuti appropriati per il periodo. La comunicazione digitale, anche se già molto democratica, ha sperimentato un incremento del suo utilizzo. Uno studio riportato dall’Osservatorio Civic Brands, che si occupa di marketing, attraverso un sondaggio ideato da Ipsos sottolinea come dopo la crisi del Covid le persone abbiano preso ancora più coscienza dei temi sociali. Ad oggi il 46% delle persone non comprerebbe prodotti da aziende che hanno preso posizioni su temi non condivisi, il 37% dichiara che il comportamento sociale di una marca influenza le sue scelte d’acquisto ma sopratutto che il 35% delle persone ha smesso di comprare prodotti da marche che le hanno deluse sul piano sociale.

  1. Cambio dei valori

Anna Wintour, nel corso di questo lockdown, ha dichiarato:

“Questo terribile evento ci ha fatto capire che dobbiamo cambiare e che saremo in gradi di farlo”

Aggiungendo poi che occorre:

“ripensare agli sprechi, ai soldi, al consumismo e agli eccessi a cui tutti, me per prima, ci siamo abbandonati”

Giorgio Armani, in una lettera aperta allarivista WWD Womens’s Wear Daily, ha scritto: 

“Il declino della moda, per come lo conosciamo, è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion con il ciclo di consegna continua, nella speranza di vendere di più … Io non voglio più lavorare così, è immorale. Non ha senso che una mia giacca, o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane, diventino immediatamente obsoleti, e vengano sostituiti da merce nuova, che non è poi troppo diversa da quella che l’ha preceduta. Io non lavoro così, trovo sia immorale farlo”

In conclusione sembra quindi che siano molte le cose cambiate durante questo periodo di crisi globale, ma la domanda rimane aperta: cosa di tutto ciò farà realmente la differenza?

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